Di chi si lu fije,  Si, Viaggiare

ORTUCCHIO

Se volete meravigliarvi qui nella zona del Fucino, c’è un posto che fa per voi e si chiama Ortucchio.
Forse non l’avrete mai sentito nominare eppure nasconde tante piccole chicche che aspettano solo di essere scoperte.
Ortucchio è ad una decina di minuti da Pescina, quindi se volete fare un’escursione di un giorno, vi consiglio di visitare assieme questi due luoghi. Se poi vi va, a quaranta minuti di distanza ci sono Alba Fucens, Celano, San Benedetto dei Marsi e tanti altri comuni.

Ci sono alcune cose che meritano veramente una tua visita qui ad Ortucchio, in particolare il Castello Piccolomini, il Santuario di Sant’Orante ed un baby Lago Fucino!

 

Gli ultimi fasti del Lago Fucino

Ortucchio è un paese grazioso ma non è rimasto nulla dei passati fasti se non un piccolo laghetto fuori paese, unico lascito del Fucino, che qui vediamo immortalato da uno dei più grandi fotografi contemporanei Michael Kenna.

Micheal Kenna, Ortucchio, foto in vendita sul sito nella galleria d’arte Jackson Fine non riproducibile

Michael Kenna è un noto fotografo inglese apprezzato in tutto il mondo per i suoi inusuali paesaggi in bianco e nero. Dopo aver pubblicato più di una ventina di libri, è venuto qui in Abruzzo ed ha scoperto un mondo ancora incantato ed incontaminato.

Già perché, secondo l’autore, noi abbiamo mantenuto la nostra identità culturale più che in altre zone, dove questa si è persa a causa della globalizzazione.

Kenna ha fotografato rovine medievali, antichi borghi e una campagna ricca di coltivazioni tradizionali. Secondo quanto scrive Vincenzo de Pompeis nell’introduzione del suo libro sull’Abruzzo: “il patrimonio abruzzese, insieme al suo suggestivo scenario naturale, richiama alla mente connotazioni romantiche che storicamente hanno attratto molti paesaggisti internazionali, in particolare nell’Ottocento. Michael Kenna si inserisce perfettamente in questa ricca vena storica di celebri paesaggisti che hanno lavorato in Abruzzo. Il lavoro di Kenna evoca spesso le influenze del romanticismo. Nelle sue fotografie di paesaggi rurali storici, ad esempio, c’è un’aria di malinconia, che accompagna i ricordi del passato” (per informazioni sul libro cliccate qui).

Il laghetto che troviamo poco fuori Ortucchio è l’ultima traccia di quello che un tempo era uno dei laghi più grandi d’Italia, ed è molto importante a livello ecologico e scientifico per via della vasta biodiversità floristica che ancora lo contraddistingue (per altre informazioni sul Fucino leggi qui).

 

INDICE

    1. ORTYGIA
    2. IL CASTELLO PICCOLOMINI DI ORTUCCHIO
    3. SANTUARIO DI SANT’ORANTE
    4. CENTRO SPAZIALE “PIERO FANTI” DI TELESPAZIO

 

ORTYGIA

Ortucchio

Ortucchio deve il suo nome alla sua posizione. La cittadina era stata costruita su un lembo di terra che emergeva dalle acque del lago Fucino. Ed un po’ come Mont Saint-Michel, a seconda del livello delle acque del lago, poteva essere considerata un’isola od una penisola.

Secondo alcuni, il nome potrebbe derivare dal latino “Ortus acquarum” (dal latino “sorta/emersa dalle acque”) oppure fu direttamente preso in prestito dall’isola di Ortygia, in Sicilia, “l’isola delle quaglie”. Storicamente, nel medioevo, era infatti chiamata così ed è giunta fino a noi con il nome di Ortucchio (sull’argomento vedi anche qui).

Ora provate a chiudere gli occhi e ad immaginarvi questo luogo, eretto intorno ad una possente torre di avvistamento normanna, circondato dalle acque del lago, sulle quali la sua immagine si rifletteva assieme alla luna:

“Anticamente era penisoletta dal collo sottile,
divenne isola a poco a poco,
ed ora quasi si perde sommersa.
Quando v’era l’azzurro
si librava specchiandosi
e si lasciava ammirare da ogni punto lontano,
ora, fra il verde,
bisogna giungere sotto le case per vederla”
Il Fucino
Emidio Agostinoni

 

IL CASTELLO PICCOLOMINI DI ORTUCCHIO

ortucchio
Castello di Ortucchio, ph Giovanni Casale, Wikipedia , licenza  Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International 

Vi par di vedere il lago antichissimo popolato di barche,
circondato di ville e di giardini,
solcato da fastosi cortei dei consoli e degli imperatori. […]
E luci mosse di fiaccole tutt’in giro:
sulle mura della città, sulle terrazze delle ville,
sui segni d’approdo, sulle tolde:
fiamme giallastre che tingevano l’acqua di macchie d’oro,
d’immagini tremanti, di luminaria fantastica.
Il lago si trasformò anch’esso col tempo e con la vita.
La civiltà romana scomparve più tardi intorno a lui,
benché molti apostoli ignoranti della nuova fede,
molti asceti in cerca di paradiso
si fossero fermati a quell’incanto”.
Il Fucino
Emidio Agostinoni

 

Proloco Ortygia

La nostra escursione, iniziata a Pescina, prosegue qui ad Ortucchio, accolti da una castellana in piena regola, una dei volontari della PROLOCO.
Il castello è visitabile previo contatto con loro.
Per prenotare una visita, nei soli fine settimana (quando passerà questa pandemia), potete contattare il numero 371.1764263 o visitare la loro pagina Facebook.

Il castello è veramente bello, vi si accede attraverso un ponte che sostituisce i due ponti levatoi di un tempo, e tutto intorno vi è il fossato che, una volta, era allagato dalle acque del Fucino.
Sì perché dovete sapere che Ortucchio era costruita sull’unica isola del lago ed il suo castello era l’unico in Italia, assieme a quello di Sirmione, nel quale si poteva accedere direttamente via lago, all’interno della sua grande darsena.

Ma andiamo con ordine.

 

La magione

Inizialmente, un primo castello fu fatto costruire qui dai Conti dei Marsi, i Berardi, intorno all’antico dongione, di forma quadrata, forse di origine normanna.
Il castello di Ortucchio subì le conseguenze delle scelte politiche dell’allora Conte di Celano, Ruggiero Accrocciamuro, alleatosi con Jacopo Piccinino, uno tra i più famosi e pericolosi comandanti di ventura italiani, ed i Caldora.

 

Jacopo (Giacomo) Piccinino e Ruggiero Accrocciamuro
dongione ortucchio
Mastio quadrangolare, Castello di Ortucchio

Già signore di Atessa, Guardiagrele, Chieti ed altri comuni del chietino, Piccinino era divenuto uno dei nemici più temuti da Papa Pio II e da Ferrante D’Aragona.
Piccinino e Accrocciamuro occuparono Celano, imprigionando la legittima signora del castello nonché madre di Ruggiero, la Contessa Jacovella da Celano, e avversarono gli aragonesi durante quella che è conosciuta anche come “la congiura dei baroni”.

Pur di contrastare lui ed il suo esercito di bracceschi (così erano detti gli eserciti privati di Braccio da Morrone), Papa Pio II, tramite i suoi uomini capeggiati da Napoleone Orsini, fece abbattere, a suon di cannone, il castello di Ortucchio.
Alla fine rimase in piedi solo il Mastio quadrato.

Jacopo Piccinino, invece, fu vittima di una vera e propria congiura. Venne attirato con l’inganno dal Re Ferrante presso il suo castello, fu catturato e… volò misteriosamente giù dalla torre dove era stato rinchiuso.
Ruggiero scappò in Francia e, nonostante i vari tentativi a lungo perpetrati, non riuscì mai più a riappropriarsi della Contea.
Nel 1495 muore a Pratola Peligna, ucciso in un duello all’arma bianca da Alfonso Piccolomini, senza lasciare eredi legittimi.

 

Antonio Piccolomini
ortucchio
Targa apposta in onore dei Piccolomini per la ricostruzione del Castello di Ortucchio

Piccolomini era il nipote di Papa Pio II, ma anche il cognato del Re Ferrante D’Aragona. Fu, tuttavia anche un abile condottiero, ed è per tutti questi meriti che gli furono affidate la Contea di Celano, le Baronia di Carapelle, Pescina e Balsorano, ed il Marchesato di Capestrano.
Preso possesso delle sue terre, nel 1468 il Piccolomini iniziò la ricostruzione del Castello, il quale, almeno nelle mura esterne, era molto simile agli altri Castelli che ripristinò, come quelli di Celano, di Calascio e di Pescina.

Vennero realizzati, infatti, quattro torri angolari di forma circolare con base a scarpa, e con una merlatura sporgente sorretta da beccatelli, quasi identica a quella di Calascio.
Considerata la posizione del castello, inoltre, vennero costruite delle mura altissime ed un profondo fossato. Le mura poi proseguivano, abbracciando il paese e proteggendolo dagli attacchi nemici.

In ultimo fu creato l’accesso dal lago. Si poteva giungere con le barche fino ad un cancello che si apriva proprio sull’acqua, e, dopo essere entrati, si saliva ai piani superiori passando per una scala di legno, della quale rimangono solo poche tracce sui muri.

Nei piani bassi vi erano le cucine, ed il resto era dedicato alle attività tipiche dell’esercito.

Ovviamente il castello seguì le sorti della Contea di Celano, così come accadde alla Baronia di Pescina e, con il tempo, cadde in rovina.
Il terremoto del 1915, infine, abbatté una delle quattro torri, che si sgretolò miseramente; oggi ne rimane solo le ombre della base.

 

Il terremoto del 1915

«Nel terremoto morivano infatti ricchi e poveri,
istruiti e analfabeti,
autorità e sudditi.
Nel terremoto la natura realizzava
quello che la legge a parole prometteva
e nei fatti non manteneva: l’uguaglianza.
Uscita di sicurezza
Ignazio Silone

Ortucchio
La “Panna”, Monte Serrone, la spaccatura del terreno dopo il terremoto del 1915

Qui il territorio mostra le sue cicatrici.
Dalla Torre Campanaria del Castello, ovvero il Mastio quadrangolare, si può ancora scorgere, sulla collina alle spalle del paese, il segno della faglia che si spaccò nel 1915.
Durante il terremoto, la montagna, infatti, si spaccò praticamente in due, creando dislivelli tra i 30 ed i 100 cm di ampiezza.

Il più importante è ancora visibile sopra Gioia dei Marsi, sul monte Serrone, dove c’è una fascia bianca che (sembra) gli abitanti chiamino “panna”, per via del suo colore completamente bianco che spicca sullo fondo scuro della montagna.
A Gioia vi furono solo 750 superstiti, su 3862 che lo abitavano.

Insomma, oltre l’11° grado della scala Mercalli c’è solo l’Apocalisse.

Anche ad Ortucchio le abitazioni non superano l’altezza di uno o due piani, ed il Castello, dopo il terremoto, oltre ad aver perso una dei torrioni, non aveva più il fossato, completamente ricoperto di macerie. Gli abitanti finirono per usarlo come unico luogo di ricovero della zona.

 

La torre campanaria
Ortucchio
Campana della Torre Campanaria, Castello di Ortucchio

Le mura e le torri sono liberamente visitabili, ma attenzione se soffrite di vertigini o se avete problemi con le scale. Dal punto più alto, ovvero il dongione quadrangolare (ora Torre Campanaria), si può ammirare tutta la vallata, da Celano al Centro di Telecomunicazioni satellitare di Telespazio. Una vista mozzafiato.

Se riuscite, potreste anche vedere le antiche torri di avvistamento (forse romane o di origine normanna) che spiccano tra le montagne circostanti, creando un vero e proprio sistema di allarme ante litteram.
Il Castello può essere affittato per gli eventi più disparati ma noi lo abbiamo usato come punto di ristoro. Seduti all’ombra delle sue mura abbiamo comodamente pranzato al sacco.

Finito di mangiare abbiamo fatto una passeggiata per il paese (c’è un bar di fronte la piazza del paese dove potrete trovare anche i servizi igienici, visto che il castello ne è sprovvisto).

Poi abbiamo visitato il Santuario di Sant’Orante.

 

SANTUARIO DI SANT’ORANTE

In quei giorni era vietato l’accesso alle chiese per via del Covid, così ci siamo limitati ad ammirare il bellissimo spiazzo antistante il Santuario, dove trovate un mosaico pavimentale con la rappresentazione del santo, ma l’interno ci dicono sia molto suggestivo.

Ma so che vi state chiedendo chi era Sant’Orante e perché si chiamava così.
Beh! Sant’Orante era un frate che veniva da lontano e potremmo dire che fosse sicuramente in buona compagnia.
La sua storia è molto particolare perché accomuna più paesi dell’Abruzzo.

L’Abate Ilarione

Leggenda vuole che, dopo un ultimo cruento attacco da parte dei saraceni, l’Abate Ilarione ed alcuni suoi discepoli lasciarono la Calabria per giungere in Abruzzo presso la Valle dell’Aventino.
I discepoli erano: Franco, Nicola Greco, Rinaldo, Falco ed un altro anonimo monaco. I monaci erano basiliani, e praticavano il rito bizantino (se vi interessa l’argomento, vi suggerisco questo libro).
Qui crearono una chiesa, a Prata, vicino Casoli, e iniziarono a vivere una vita in devozione.

Alla morte dell’abate, elessero come nuovo capo Nicola Greco, e lui decise che era giunta l’ora di andare a fare un pellegrinaggio a Roma.
Giunti vicino il Lago del Fucino, uno dei frati, di cui nessuno conosce il nome, si sentì male. Mostrava i chiari sintomi di una brutta infreddatura. In quel periodo il Lago sovente si ghiacciava ed il freddo penetrava nelle ossa.

Sant’Orante

L’uomo decise così di non proseguire con gli altri e si sistemò nella chiesetta di Ortucchio, anticamente costruita intorno all’anno 1000 forse su precedenti mura ciclopiche site nella zona.
Viveva di elemosine e dormiva dove poteva o sul pavimento della chiesa.
Il mito prosegue narrando che un giorno tornò tardi e, trovando la porta sbarrata, si inginocchiò fuori a pregare per tutta la notte, su alcune tralci di vite secche.
Il giorno dopo le campane iniziarono a suonare a festa, la gente uscì dalle case e giunta in chiesa, lo trovò morto assiderato, ancora in posizione di preghiera, coi tralci in fiore e l’uva matura.
Da quel giorno quell’uomo senza nome divenne “Sant’Orante”, poiché ritrovato in posizione di preghiera, e divenne protettore del borgo. La Chiesa venne poi, consacrata al Santo.
Se conoscete qualcuno che si chiama Orante può essere originario solo di Ortucchio.

 

E gli altri quattro eremiti?

Mentre tornavano da Roma, Nicola Greco morì e venne sepolto nel Monastero di Prata. In seguito il suo corpo fu traslato nel Comune di Guardiagrele e divenne il Santo Patrono della città.
I restanti monaci si divisero e proseguirono ognuno per proprio conto.
Falco si ritirò in una contrada di Palena, “la villetta di Sant’Egidio”, vivendo da eremita. Alla sua morte il corpo fu traslato a Palena e divenne il Santo Patrono della città.
Rinaldo, visse come eremita in una grotta vicino Fallascoso, Frazione di Torricella Peligna e divenne il Santo Patrono della città.
Franco visse e morì come eremita in zona “San Pasquale” ed alla morte fu traslato a Francavilla al Mare, divenendone il Santo Patrono.
Insomma, una compagnia di Santi!

 

Suggerimenti

A questo punto il piccolo tour è terminato. Da qui avete diverse alternative, per un one day intinerary vi suggerisco di andare a visitare Alba Fucens.
E mentre andate, se riuscite, passate per la piana del Fucino, troverete un luogo “spaziale”.

 

CENTRO SPAZIALE “PIERO FANTI” DI TELESPAZIO

Telespazio, wikipedia, ph righini; Creative Commons Attribution 3.0 Unported

Il luogo non è liberamente accessibile, è comunque una struttura privata di rilevanza internazionale.
Ho cercato di verificare se è possibile accedervi ma sembra che un’eventuale visita necessiti di approvazione, lasciapassare, ed è permessa solo a gruppi organizzati, tipo scolaresche. Ad ogni modo vi suggerisco di provare a chiamare la sede, forse vi sapranno dire qualcosa di più preciso (provate qui).
Da fuori, invece, la visione è comunque emozionante.

La strada passa proprio sotto le super antenne del Centro Spaziale, il più importante “teleporto” al mondo per usi civili, con 170 antenne.

 

La Nave Elettra

Il centro ospita la poppa della nave Elettra, quella sulla quale Guglielmo Marconi effettuò i suoi esperimenti di propagazione radio a onde corte.
Costruita all’inizio del Novecento, Marconi la acquistò nel 1921, per utilizzarla come nave-laboratorio mentre viaggiava in giro per il mondo.
Nel 1937, alla morte dello scienziato, la nave fu acquistata dal Ministero delle Poste e Telecomunicazioni. La nave ebbe una storia travagliata ed avventurosa. Nel 1944 fu arenata dal suo stesso capitano, dopo un violento bombardamento. Divenne proprietà della Jugoslavia che la ridiede all’Italia solo nel 1962.
Essendo la sua riparazione troppo costosa, la nave venne divisa in undici parti e sparsa per i musei d’Italia. Nel 1978, la sezione di poppa venne donata al Centro Spaziale.

Telespazio è anche sede del Museo del Centro Spaziale del Fucino, costruito nel 1968, che ospita alcune apparecchiature utilizzate nella fase pionieristica delle telecomunicazioni satellitari. Ricordiamo, infatti, che lo sbarco sulla Luna fu il primo evento mediatico mondiale solo perché la NASA si fece aiutare dalle antenne di Telespazio e dai suoi satelliti.

 

Bibliografia
“IL FUCINO”, Emidio Agostinoni, Adelmo Polla Editore
“APPUNTI ILLUSTRATI DEL VIAGGIO IN ITALIA”, Edward Lear
“POTERI, RELAZIONI, GUERRA NEL REGNO DI FERRANTE D’ARAGONA”, Francesco Senatore e Francesco Storti, Clio Press
“I REGNI DEL MEDITERRANEO OCCIDENTALE DAL 1200 AL 1500. LA LOTTA PER IL DOMINIO”, David Abulafia, Laterza

Per approfondire

Sul terremoto

http://www.vociescrittura.it/files/il-niente-del-dopo.pdf
https://www.abebooks.it/servlet/BookDetailsPL?bi=22887918538&searchurl=pt%3Dbook%26sortby%3D17%26tn%3DMarsica%2B1915&cm_sp=snippet-_-srp1-_-title3 
https://www.inabruzzo.it/ortucchio-aq-castello-piccolomini.html

Sul fucino

https://societageografica.net/wp/2020/04/08/sulle-tracce-del-lago-storia-del-fucino-2/
https://www.mrscuriosity.it/si-viaggiare/di-chi-si-lu-fije/sulle-tracce-del-lago-scomparso-il-fucino/

Sulla leggenda di Sant’Orante

http://www.casoli.info/casoli/prata/prata01.htm
http://www.casoli.info/casoli/prata/prata02.htm

La foto in evidenza è di Teresa Mirabella, non riproducibile
Le altre foto, sono di proprietà personale dell’autore e non sono riproducibili.

Per scrivere questo post e citare prodotti o attività in esso contenuti, non mi sono stati offerti oggetti o compensi di alcun genere.

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